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LA RIEVOCAZIONE DELL’EVENTO TRAUMATICO DEL BAMBINO NELLA TESTIMONIANZA

Crimonologia

LA RIEVOCAZIONE DELL’EVENTO TRAUMATICO DEL BAMBINO NELLA TESTIMONIANZA

Con la rievocazione, processo che permette di accedere alle informazioni precedentemente apprese per poterle riutilizzare, può accadere che certe nozioni, pur presenti nella nostra memoria, non siano rievocabili volontariamente se non attraverso tecniche di facilitazione (ad esempio, sapere in qualche modo la prima lettera di una parola che abbiamo sulla “punta della lingua”) o di riconoscimento (è più difficile descrivere, rievocando mentalmente, il volto di una persona incontrata in passato, piuttosto che riconoscerlo in fotografia, anche tra altre persone).

L’efficacia della rievocazione sembra essere strettamente correlata alle strategie di archiviazione, utilizzate per la memorizzazione delle informazioni e nelle associazioni.

I modi con cui si realizza l’apprendimento possono influenzare, positivamente o negativamente, la capacità e la qualità della rievocazione. L’apprendimento è reso possibile dalla messa in atto di un adeguato e persistente livello di attenzione, da corretti processi di codifica, da un’efficiente memoria di lavoro e da un elevato livello motivazionale.

E’ solo un’adeguata cautela, focalizzata sul compito e mantenuta nel tempo, che permette un cospicuo apprendimento d’informazioni. Pertanto, il ruolo dell’attenzione è fondamentale per assicurare una corretta analisi, comprensione, organizzazione e un’adeguata selezione di ricordi durante la rievocazione.

Il ricordo libero nel bambino, purtroppo, è sempre povero, nettamente inferiore a quello dell’adulto, poiché sono presenti difficoltà nel ricordare dettagli poco salienti rispetto all’evento, mentre ricordano meglio quelli salienti, cioè quelli che modulano la direzione della loro attenzione. E’ stato evidenziato che, quando i bambini forniscono un resoconto, solitamente non aggiungono elementi di fantasia o invenzioni, salvo che non considerino la situazione come un “gioco fantastico”, anche nel caso di ripetizioni successive del racconto, a meno che, nell’intervallo, non siano state fatte domande o date informazioni dal contenuto suggestivo.

Come alcuni autori tendono a sottolineare, il punto focale della testimonianza del bambino non dipende tanto dalla loro capacità di raccontare, quanto dall’individuazione dei fraintendimenti che possono essere alla base delle loro affermazioni. In poche parole, quello che entra nella memoria del bambino, e vi resta come ricordo, può non essere un fatto veramente accaduto, ma il ricordo di un evento incidentalmente indotto.

Le ricerche dimostrano che i bambini, se avvicinati in maniera suggestiva, possono facilmente cambiare la descrizione di quello che hanno visto o che è stato fatto se l’evento si presta, in qualche modo, ad un’interpretazione ambigua o se è ambiguo nel suo verificarsi.

Non a caso, il fattore suggestione figura al primo posto negli elementi che possono inquinare il risultato di un’intervista, correlato a diversi elementi concomitanti e cioè:

  1. l’elemento cognitivo, ovvero l’oggetto dei ricordi, che può essere modificato a causa di una domanda suggestiva. Pertanto, una volta che il bambino ha costruito un “falso ricordo” ed ha confermato un certo evento, è molto difficile convincerlo che può avere torto. Il problema principale sulla testimonianza dei bambini dipende non tanto dalla loro capacità di raccontare, quanto dall’individuazione dei fraintendimenti che possono essere alla base delle loro affermazioni. I bambini piccoli sono capaci di descrivere eventi semplici, ma hanno difficoltà nel comprenderli ed interpretarli. Essi non sono capaci di concettualizzare eventi complessi, d’identificare rapporti di relazione, di riconoscere sentimenti, di attribuire intenzioni. Questa capacità non si realizza pienamente prima dei 12 anni. Qualora i bambini non abbiano una sufficiente capacità sintattica o semantica, essi sono più soggetti ad aggrapparsi a ciò che viene anche involontariamente suggerito.
  2. l’elemento sociale e motivazionale. I bambini piccoli ritengono gli adulti credibili, competenti, specie se sono persone care o comunque per loro autorevoli. Ecco perché spesso tendono a rispondere in base alle aspettative degli adulti! Ciò è particolarmente evidente qualora il tono, il clima e il luogo dell’intervista abbiano carattere intimidatorio.

I bambini sono maggiormente suggestionabili quanto più sono piccoli, se sono interrogati a distanza di tempo, se si sentono intimoriti dall’adulto, se le domande sono volutamente viziate, se la suggestione è esercitata da persone affettivamente importanti.

La competenza linguistica è il fattore di maggior peso, poiché se i bambini non sono in grado di capire le domande, l’atteggiamento informale e amichevole dell’intervistatore non può avere impatto sulla prova sperimentale.

Gli adulti non devono partire dal presupposto che i bambini usano il linguaggio allo stesso modo con cui lo fanno gli adulti. Al contrario, l’uso di un linguaggio semplice, di frasi brevi e parole appropriate all’età, può aumentare l’accuratezza del resoconto, la partecipazione, l’interazione del bambino durante l’intervista e consentire di capire meglio le domande, anche quelle meno chiare.

Dalle diverse ricerche compiute sulla testimonianza infantile, emerge che la rievocazione degli eventi, da parte dei bambini, sembra essere sufficientemente accurata e che le prestazioni di memoria tendono a migliorare con l’età ma sono influenzate anche da altri fattori:

– caratteristiche dell’intervista,

– fattori situazionali,

– coinvolgimento personale (stress legato all’evento).

A 12 anni la capacità testimoniale è simile a quella di un adulto; se minore, le capacità mnemoniche sono più scarse solamente in relazione alle strategie più complesse di elaborazione degli eventi.

Così la memoria di fatti, che non richiedono particolari strategie di codificazione, non varia con l’età. Ciò costituisce un vantaggio rispetto agli adulti in quanto, la percezione dei bambini, risulta meno frequentemente deformata da abitudini e pregiudizi. Il problema principale riguarda il ruolo delle informazioni post evento e il contesto entro cui avviene la testimonianza o l’interrogatorio.

Se inizialmente si tendeva a negare che un bambino di 5 anni fosse in grado di fornire testimonianze attendibili, oggi tanti studi hanno rivelato che anche in bambini di questa età il ricordo può essere accurato, se espresso sotto forma di ricordo libero, cioè senza domande specifiche da parte di un intervistatore.

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