Neuropsicomotricità
USO ED APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI COMPENSATIVI: LE MAPPE CONCETTUALI
L’emanazione della legge 170 del 2010, “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico”, ha cambiato enormemente il modo di affrontare le problematiche per rendere più proficuo l’intervento da compiere.
Tale legge, sancisce i principi generali che devono guidare gli interventi educativi, sanitari e riabilitativi; rimette in discussione atteggiamenti culturali consolidati; rappresenta un’opportunità per ampliare-migliorare-innovare l’offerta formativa della scuola, oltre a rafforzare il ruolo dell’insegnante il quale deve inevitabilmente trovarsi preparato dinanzi ad una nuova e diversa maniera d’insegnare.
La Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 intitolata:“Strumenti d’intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriali per l’inclusione scolastica”, è molto importante perché accoglie una serie di orientamenti da tempo presenti nei Paese dell’Unione Europea, completando in sostanza il quadro italiano dell’inclusione scolastica. Infatti, come noto, il nostro sistema è stato il primo in Europa ad introdurre l’inclusione scolastica generalizzata degli alunni con disabilità ed ha di recente riordinato i principi della stessa, con le linee guida del 4 agosto 2009.
A seguito poi della legge 170/10, ha emanato le linee guida del 12 luglio 2011 relative all’inclusione scolastica degli alunni con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento).
Ora, il Ministero, con questa Direttiva, fornisce indicazioni organizzative anche sull’inclusione di quegli alunni che non siano certificabili né con disabilità, né con DSA, ma che abbiano difficoltà di apprendimento dovute a svantaggio personale, familiare e socio ambientale.
L’insegnante sa bene che non sempre nella classe le cose sono facili. A volte gli alunni appaiono demotivati, incontrano, spessissimo, difficoltà nello svolgimento dei compiti. Ad onor del vero, queste difficoltà non riguardano solo gli alunni diversamente abili, con DSA o con bisogni educativi speciali… Per facilitare e favorire un apprendimento significativo sarebbe necessario ottenere il coinvolgimento e la collaborazione di tutti, insegnanti compresi, per favorire al massimo la circolazione di quelle risorse che consentono di risolvere la maggior parte dei problemi perché l’insegnamento-apprendimento è un processo meraviglioso, all’interno del quale si muovono informazioni da imparare, s’incontrano le abilità, gli interessi e i desideri di tutti: bambini ed insegnanti.
A mio avviso, è giusto che gli aiuti provengano da adeguate e funzionali strategie inclusive. Se nella classe è presente un alunno con disabilità, per il quale è previsto un insegnante di sostegno, è quasi sempre garantito un supporto specializzato, centrato proprio su tecniche operative e strategie didattiche, delle quali possono beneficiare tutti gli alunni della classe.
Una strategia didattica é veramente inclusiva quando funziona bene, quando fornisce all’alunno l’aiuto giusto per stare nel compito e svolgerlo con strumenti di supporto.
La possibilità di riuscire in un compito richiede innanzitutto sapere in cosa consiste quel compito, come bisogna svolgerlo e cosa richiede. Rivendica una buona capacità di individuare obiettivi comuni, per i tutti i membri della classe, adattando metodologie in funzione delle caratteristiche individuali degli alunni, con il fine di assicurare a tutti il conseguimento delle competenze. Significa anche personalizzare gli obiettivi formativi, rendendoli adatti ed efficaci per il singolo alunno; impiegare una varietà di metodologie e strategie didattiche calibrando gli interventi sulla base dei livelli raggiunti; usare i mediatori didattici: schemi, mappe, sintesi vocale, software di video- scrittura con correttore ortografico, ecc.
L’utilizzo di strumenti didattici, quelli che da tempo si definiscono compensativi, facilita notevolmente la prestazione deficitaria dell’alunno poiché consente di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente faticose e che non migliorano l’apprendimento.
Personalmente, ritengo che studiare non significa leggere tante volte! Molti leggono e rileggono il testo più e più volte sperando in questa maniera d’immagazzinare le conoscenze. Lo fanno semplicemente perché non conoscono altri metodi!
Questo vale prima di tutto per coloro i quali hanno difficoltà proprio nella lettura e che spessissimo accumulano insuccessi e frustrazioni, dedicando allo studio lunghi pomeriggi ed anche per quelli che hanno difficoltà a capire, selezionare, organizzare, ricordare, ripetere….
Quando una lettura è difficoltosa lo studio basato sulla semplice rilettura non funziona perché richiede troppo tempo, perché causa un eccessivo affaticamento, offre risultati modesti in termini di comprensione e memorizzazione.
Per uno studente con DSA leggere bene, che non vuol dire leggere tante volte (!), significa sostanzialmente saper applicare una strategia, in altre parole sapere, di volta in volta, perché si legge e agire di conseguenza.
Le esperienze negative mettono a dura prova motivazione ed autostima. Pertanto, gli alunni con DSA hanno un concetto di sè più negativo rispetto agli altri compagni, provano maggiore ansia, hanno una bassa autostima, scarsa percezione di auto efficacia, si sentono responsabili del proprio apprendimento e abbandonano con molta più facilità i compiti.
L’attenzione è un altro punto debole, assieme alle difficoltà di concentrazione. Spesso presentano difficoltà ad organizzare e gestire il proprio tempo, il proprio materiale. Un intervento destinato a migliorare l’efficacia del metodo di studio, deve, sovente, analizzare abitudini e fattori di contesto: dove studia, come organizza l’ambiente, come si posiziona fisicamente. Così come è giusto anche indagare su alcuni elementi di distrazione.
Nella legge 170/10 e Linee guida ad essa allegate, tra le parole chiave che identificano la tematica DSA: individualizzazione, personalizzazione, strumenti compensativi, misure dispensative, Piano Didattico Personalizzato, formulari, troviamo anche il termine di “mappa concettuale”. Questo ha determinato un forte impulso a diffondere una modalità di rappresentazione di concetti e relazioni logiche, così come ha contribuito ad abusare di comportamenti poco produttivi perché molti genitori scaricano mappe già presenti in rete; i tutor, che affiancano gli alunni, per promuovere un metodo efficace, le costruiscono al loro posto! Le mappe, per la loro valenza a rendere visibile un pensiero, assumono importanza come strumenti di organizzazione di conoscenza, all’interno degli ambienti dell’apprendimento. La mappa, essendo una rielaborazione concettuale di un argomento, deve essere necessariamente realizzata dall’alunno cui sono insegnate regole e procedure.
Nei laboratori specialistici, realizzati negli spazi dell’associazione “Il Bambino Incompreso”, facciamo proprio questo: prepariamo i bambini all’utilizzo delle mappe concettuali per studiare e trarre piacere da ciò che si fa!
L’uso delle mappe è proposto o raccomandato, come strumento compensativo, poiché al loro interno le idee sono sistemate in una forma ordinata e sistematica che consente di mostrare le relazioni tra loro. Questa tipologia, spinge il bambino a costruire strutture mentali identificando idee principali e idee subordinate, secondo un ordine logico. L’organizzazione delle informazioni all’interno di una mappa facilita la percezione ed il ricordo dei rapporti tra le idee, ed è molto vantaggioso per svolgere rapidi ripassi.
La mappa è uno strumento potente perché aiuta ad esplicitare i collegamenti tra le conoscenze apprese e tra quelle già possedute, ma per un ragazzo con difficoltà di apprendimento questo richiede un supporto da parte di un adulto, se non è ben definita la struttura delle conoscenze.
Una cosa è certa: non si nasce abili realizzatori di mappe ma s’impara a costruirle, attraverso un adulto preparato capace di utilizzare le strategie più adeguate.
Gli studenti, nell’elaborazione delle mappe concettuali, per formalizzare il percorso di conoscenza, sono costretti ad operare con il testo e con i concetti per realizzare operazioni mentali complesse, quali: scoprire, selezionare, collegare, gerarchizzare, mettere in relazione e generalizzare nuove conoscenza. Praticamente, è indicata l’utilità nell’acquisizione di un metodo di lavoro e di studio svolto in autonomia. A livello linguistico, le mappe abituano gli studenti a generare concetti e proposizioni in senso gerarchico, con una frase principale e generale ed altre legate ad essa da nessi logici (perché, poiché, quindi, prima di, ecc.) o da significati inclusivi.
Le mappe visualizzano graficamente i significati, i legami logici e l’ordine gerarchico. Tutto questo facilita sicuramente l’apprendimento mediante la memoria visiva e sviluppa una funzione socializzante, favorendo il confronto sui concetti stessi, sulla validità dei legami e delle relazioni.
La ricerca del contenuto dell’informazione si basa spesso su un’altra operazione rilevante: la sintesi, ovvero la capacità di isolare e mettere in relazione logica le informazioni più importanti. Infatti, la sintesi è strettamente legata alla comprensione e alla memorizzazione. Per capire è importante mettere a fuoco, cioè individuare le parti che maggiormente contribuiscono al significato generale, ma per ricordare è necessario aver individuato il contenuto cognitivo, ovvero gli elementi più importanti e le loro connessioni.
Riepilogando: il concept mapping vale la pena di metterlo in atto, attraverso un tessuto costituito di concetti e proposizioni, quando si vuole:
- attuare la rielaborazione personale di concetti appresi in un percorso formativo giudicato importante;
- attuare un’attività cognitiva intenzionale, volta a trasformare i contenuti in apprendimento significativo.
Una mappa concettuale deve essere presentata come esplicitazione individuale delle conoscenze, come punto di arrivo di un percorso d’apprendimento e come punto di partenza di nuove elaborazioni, integrazioni, correzioni. E’ importante, infine, sottolineare che la realizzazione delle mappe con una sintassi vincolata, esplicita e condivisa, facilita di molto la comprensione.